a cura di Simona Lovati
Dall’Oriente all’Occidente il fil rouge è un inno alla bellezza semplice, ma che non passa inosservata proprio per la sua delicatezza. Amato dalle giovanissime (e non solo), scopriamo con l’esperta Annamaria Previati le origini del layering e come attualizzarlo ai giorni nostri in cabina e a casa.
Che cosa è il Layering?
Tutto torna e tutto ha una sua ciclicità in ogni arte e mestiere. E la bellezza non fa eccezione.
La tanto declamata tecnica del layering, cioè l’applicazione di cosmetici a strati, non è una scoperta della cosmesi coreana moderna.
“Questo concetto affonda le sue radici per la precisione agli albori del periodo Emo Giapponese, nel 1600 circa, ed è stato poi ripreso e portato alla ribalta grazie a un’intervista rilasciata sulla rivista House Beautiful da Yanagi Soetsu, direttore del Museo di arti e mestieri di Tokyo, che ha valorizzato una bellezza artistica ma non artefatta”, spiega Annamaria Previati, estetista professionista esperta in massaggi dal mondo.
Per dirla con le sue medesime parole, “Shibui è quella qualità tranquilla, sobria e riservata, naturale. Ha profondità, evita di esser troppo appariscente o peggio ancora ostentata. Semplice, ma mai grossolana. Austera e mai severa. Quel tipo di raffinatezza ed eleganza, spesso comparabile alla grazia, che dà gioia spirituale”.
Dalla Z alla Y, le nuove generazioni hanno approcciato questa filosofia di bellezza semplice, elegante, naturale, non ostentata, che si rifà agli antichi rituali nipponici saho.
Purista ed essenziale, la stratificazione dei cosmetici è un argomento imprescindibile, a casa come in cabina, per abbracciare le clienti più giovani e attirare anche quelle con qualche anno in più sulle spalle, spiegando loro come la bellezza deve sapere sempre emozionare.
Step e cosmetici giusti per fare il Layering
Ecco le fasi del layering da praticare in istituto e da insegnare alla cliente, in modo da ottimizzare i risultati raggiunti con i protocolli professionali.
La detersione.
Sono ideali gli oli dermopurificanti che contengono un idrolato, cioè una parte acquatica: sì ad acqua di rosa, fiordaliso, camomilla, fiori di arancio, verbasco, gelsomino e biancospino. L’acqua nella cultura giapponese è celebrata dai maestri dell’arte tradizionale ukiyo (letteralmente “mondo fluttuante”) in tutte le sue forme e modalità espressive. Possiamo trovare onde impetuose, scrosci improvvisi, nevicate silenziose, cascate, dolci piogge leggere e placidi laghetti nei meravigliosi giardini fioriti.
Il savonnage.
“I beauty tips sono gli antichi saponi di Aleppo o di Marsiglia, oppure le più moderne mousse detergenti molto leggere con formulazioni anti-inquinamento”, continua l’esperta. A questo si aggiunge una crema esfoliante o un peeling a base di AHA (gli alfa-idrossiacidi della frutta) da applicare sulla pelle asciutta e utilizzando eventualmente un pennello non bagnato – nulla deve essere impregnato dall’acqua per non diminuire la concentrazione dell’acido – il fine è aprire i pori della cute e allentare i legami tra una cellula e l’altra, permettendo alle acque floreali e i prodotti che verranno di penetrare in profondità negli strati più profondi dell’epidermide.
Il tonico. Sempre a base di acque floreali è fondamentale per riequilibrare il pH della pelle. Alla base del ruolo centrale rivestito dalla natura nella cultura tradizionale giapponese c’è lo shintoismo, religione politeista e animista praticata ancor prima dell’arrivo del Buddhismo, importato dalla Cina nel VI sec d.C. Tutto ciò che esiste in natura è espressione di una divinità ed è detto kami. Le raffigurazioni paesaggistiche sono allora non solo rappresentazioni del mondo terreno, ma anche ritratti del mondo sacro.
Siero idratante e rigenerante. “Nell’antico rituale giapponese l’ingrediente vedette era il gamma-orizanolo, un ottimo protettivo contro i radicali liberi da foto-esposizione, schiarente e illuminante”, continua Previati. Nei sieri oggi vengono inseriti acido ialuronico, vitamine, peptidi biomimetici che combattono le rughe di espressione, così come particelle di oro, perché su questo metallo le impurità non fanno presa.
Contorno occhi delicato. Con acque di eufrasia, hamamelis virginiana, mirtillo o anche estratti di caffeina, servono a regolarizzare il microcircolo e sono decongestionanti. Le texture di elezione sono emulsioni in gel e i vendutissimi patch ad azione prolungata, che idratano a fondo questa zona dove la pelle è molto sottile e delicata. Molto utilizzata la spugna di Konjak ricca di proteine, acidi grassi, zinco, ferro e magnesio, oltre che di vitamina A, di quelle del gruppo B, di vitamina C, D ed E. Permette il passaggio di più di 100 molecole d’acqua contro e le 8 dell’acido ialuronico e le 4 della glicerina.
Crema da notte. Il suo obiettivo è quello di restituire ciò che la cute ha perso durante il giorno. Le formulazioni contengono vitamine, antiossidanti, ma anche sostanze che ripristinano il ritmo circadiano come la melatonina, e componenti che stimolano le membrane cellulari a fare passare acqua e trattenerla negli strati più profondi, per esempio i burri o le paste vegetali (cacao, karitè, jojoba).
Protezione delle labbra. Il cosmetico ideale è la cera, utile a rafforzare la barriera idrolipidica per non seccare le labbra e lasciarle più turgide e morbide nel tempo. In Giappone è molto usata la cera di riso, cereale lunare per eccellenza, che ha un punto di fusione molto alto e garantisce un ottima proprietà filmogena.
Il layering non è solo un rituale di bellezza, ma un vero e proprio percorso verso il benessere. È un momento di pausa e di cura di sé, un invito a riscoprire la bellezza della semplicità e l'importanza della natura.